C’era un tempo in cui piccolo era bello – Resoconti, dialoghi, confronti sempre più frequenti nel mondo della cooperazione

A me sembra piuttosto semplice.

Mettiamo che voi produciate caramelle.

Per realizzarle dovrete sostenere spese per persone addette alla linea di produzione e per le attrezzature della linea stessa (spese dirette, diremo spese di tipo “A”) e spese per pesonale amministrativo, commerciale, spese di pubblicità (per semplificare, spese generali, indirette, diremo spese “B”).

Un tempo vendevi caramelle e riuscivi a coprire le spese A e le spese B.

E magari ti rimaneva anche qualcosa in cassa.

Oggi, vendendo le stesse caramelle, riesci a malapena a pagare le spese A e una piccola quota delle spese B.

Il resto è perdita. Disavanzo. Di anno in anno, un risultato simile provoca irritazione cutanea.

Però guarda, a volte, la fortuna: accanto a te ci sono altre imprese che vendono caramelle.

Son messe pressapoco come te.

Allora, vien naturale pensare, mettiamoci insieme: aggregheremo alcune delle spese di tipo B (la comunicazione e la pubblicità, per esempio) e riusciremo a stare meglio a galla…

Elementare, Watson…

Semplice. Ma non per noi.

Certo, noi non vendiam mica caramelle…noi siamo la cooperazione, anzi, scusate, siamo la “Cooperazione” con la C maiuscola, la Cooperazione Sociale.

Noi gestiamo attività educative, rieducative, facciamo re-inserimento lavorativo di persone svantaggiate…

Perchè unirsi, fondersi e confodersi?

Con le altre cooperative sociali ci vediamo, ci confrontiamo, ci salutiamo anche calorosamente…ma unirsi…per carità: siamo diversi!

Certo, miriamo allo stesso fine, allo stesso obiettivo, ma utilizziamo metodologie differenti!

E chi mastica un po’ di cooperazione sociale lo sa: noi i fini li diamo per scontati (chissà perchè, poi?)…ma per le metodologie (e le metodiche) siamo capaci di scatenare vere guerre di religione, che al confronto le crociate son partitelle di briscola…

E poi gli altri hanno un altra governance, altri orari, stipendi più bassi o troppo alti…forse sono anche un po’ maleodoranti.

Ok, allora, Cooperatore, come pensi di uscire dalla difficile situazione attuale?

<<Dobbiamo avere ancora un po’ di pazienza…ne abbiamo passate tante altre, noi che siamo partiti dal nulla, con le pezze ai pantaloni, e siamo arrivati sin qui…dobbiamo fare ancora un po’ di sacrifici e aspettare: prima o poi il nostro cliente principale si riprenderà e ricomincierà a comprare agli stessi prezzi di prima..>>

Mmm…perchè fatico a crederci?

Perchè il Cliente si chiama Ente Pubblico? Dai, sii serio, dimmene un altra…

Al cooperatore (scusate, Cooperatore) si illuminano gli occhi: <<Allora…prepariamo un progetto e facciamocelo finanziare! Come ai vecchi tempi, eh! >>

Va bene, ci rinuncio, avete ragione, siete troooppo in gamba, voi…

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8 risposte a C’era un tempo in cui piccolo era bello – Resoconti, dialoghi, confronti sempre più frequenti nel mondo della cooperazione

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  2. matteoloschiavo ha detto:

    Grazie a Paolo Ferrario che segnala gli esiti del censimento ISTAT sul settore non profit.
    Diamoci il tempo di leggerlo, commentarlo, confrontarlo con i nostri microcontesti lavorativi e territoriali.
    Altrimenti finiamo, come dice Vittorio, nel già detto: “Articolato, complesso, ancora poco conosciuto: è il mondo del non profit in Italia. Il nuovo Censimento vuole fotografare tutte le sfaccettature di questo settore tanto importante per la tenuta economica e lo sviluppo sociale del Paese” (by Istat).

  3. stefano delbene ha detto:

    Ma scusate, non sono trent’anni che ci dicono che dobbiamo farla finita con l’assistenzialismo, che deve essere il mercato a regolare, che ci deve essere la meritocrazia? Questi sono i risultati. Chi è causa del suo mal pianga se stesso …..

    • ovittorio ha detto:

      giusto Stefano, giusto. Hai battuto la mano sul tavolo e sì, troppo piagnone, troppo fermo lì a rivendicare stima e fiducia. Il mercato è dindi, soldi, denà, argento. Alleanze, fusioni, confluenze, accordi,…dovrebbero essere lucide valutazioni di accrescimento di forza e noi, puff, stiamo lì a gingiolarci con le nostre identità. Orgogliose e bistrattate. Tocca tornare a dire, Stefano, è vero. Se è trentanni che ci dicono ecc..ecc…, noi abbiamo fatto tanto, ma detto poco. O detto male.
      grazie.
      vtt

  4. matteoloschiavo ha detto:

    Come uscire dalle diatribe ben descritte nel post di Davide e nel commento di Vittorio?
    Strade interessanti, come quela di promuovere collaborazioni con i destinatari dei servizi, sono state discusse il 16 aprile a Reggio Emilia durante il seminario: Tracce di innovazione dei servizi sociali per un welfare di comunità, interamente visionabile su you tube.

    • ovittorio ha detto:

      grazie Matteo…sapevo di quel seminario ed adesso, tac! è arrivato.
      In realtà oggi la mia esperienza non è più attraversata da cooperative che parallelamente, ma con rispetto, affrontano le stesse cose (servzi, progetti, problemi…) ed insieme potrebbero farlo meglio. Oggi siamo tornati ad una fase quasi ‘primordiale’, dove le gare sono al massimo ribasso economico e sembra non tenere (non è mai esistito?) alcun rapporto di fiducia e conoscenza reciproca con gli enti pubblici.
      Il territorio (e le cooperative di ogni dimensione) marchigiano è da un paio d’anni ‘conquistato’ da coop piemontesi, laziali, lombarde. Prive di storia locale, arrivano ed assorbono il personale storicamente impiegato, così i servizi proseguono quasi uguali. Offrono pezzi bassi (e noi cooperative marchigiane siamo evidentemente ladri, a questo punto…) e poche ciance. Offrono servizi aggiuntivi, ore in più degli operatori impiegati, denaro a disposizione degli enti, che possano farci quel che vogliono (convegni, seminari, eventi….). Hanno un successo irresistibile. E l’eco che rimane, fra gli altri, è quella di relazioni con Comuni o Asl, con cui hai lavorato a fianco davvero per anni, scendendo a compromessi, facendo accettare tagli e riduzioni, mediando con le famiglie, garantendo buona qualità dei servizi, facendo digerire aumenti di tariffe… ecco, relazioni che si sfaldano in un secondo, a fronte di un’offerta ‘banalmente’ economica. E ci chiediamo cosa non abbiamo capito e cosa non stiamo capendo. E se è qualcosa che finisce oppure qualcosa di nuovo che inizia -e se noi (che siamo qui da più di 25 anni…) ci saremo.
      vittorio

      • matteoloschiavo ha detto:

        Già, caro Vittorio.
        Ti capisco, ti stracapisco.
        Non volevo banalizzare la difficoltà della situazione….
        Più in piccolo anche noi professionisti siamo attraversati da questi processi. E ci poniamo (mi pongo) le stesse domande.
        Canticchiando dentro di me quella strofa che dice che “nessuno sa il confine e nessuno sa la fine… “

  5. ovittorio ha detto:

    scivolare fluidi e incespicando lo stesso: verso la fusione di due cooperative

    … è che devi capire che non è poi così facile e prima di fare un passo di questo genere, a questo livello di complessità, cioè magari è meglio proprio dire a questo livello di tragicità, ecco io credo che sia necessario prima conoscersi bene, conoscersi meglio, capire come è fatto il posto dove stiamo andando, che persone sono quelle con cui stiamo parlando, che poi io voglio sapere se hanno la nostra stessa idea dei valori della cooperativa, perchè in realtà a me sembra più che altro fumo, sanno vendere bene il fumo, rispetto a noi la fanno molto corta su alcune cose importanti e non so, decidere adesso per questa cosa, boh, a me sembra davvero da fuori di testa, nel senso che proprio è fatta senza conoscere le cose e non puoi fare una cosa di questo tipo, cioè andare troppo avanti in questa relazione, raccontarsi i fatti propri, non so tipo il bilancio, che poi è difficile tornare indietro, perchè dopo conosci troppe cose dell’altro, che poi mi sa che in realtà siamo noi disponibili a fare questa cosa, perchè mi sa che loro invece dicono dicono e poi con chi parliamo? soltanto con il presidente! quindi io non so, ma la vogliono anche loro questa cosa? anche perchè siamo noi che andiamo a rimetterci, noi che tutta la nostra storia, tutte le cose che abbiamo fatto, boh, andare a perderle così, far morire tutto, la fatica che abbiamo fatto, quando ancora te non c’eri, ma forse è per questo, e le notti passate a lavorare la paura di perdere gli appalti i conti che non tornavano le riunioni le litigate con quelli della asl, far finire tutto questo soltanto per un motivo economico, ragionando così, ma davvero, non lo so, non lo so davvero, mi sembra che sia un modo di non tenere alle cose alla storia alle relazioni, buttarle via così, sì magari ci sono dei vantaggi, ma dopo perdiamo la libertà, non possiamo fare come adesso, che facciamo come vogliamo, nel senso delle decisioni da prendere, perchè dopo bisogna confrontarsi discutere e te credi che avremo spazio? credi che avremo spazio per parlare essere ascoltati portare le nostre proposte? seeeee…. ci prenderanno i servizi e chiusa lì, per cui mi sembra francamente inutile che adesso facciamo questi incontri, coinvolgendo magari anche i coordinatori, no?, eh lo sapevo, è peggio, più allarghiamo la cosa e più sarà difficile sia capire davvero le cose sia ritirarci quando ci accorgeremo che ci andiamo a rimettere, ne sono sicura, per cui evitiamo di fare incontri troppo ufficiali o troppo approfonditi, incarichiamo qualcuno, tipo una o due persone, che abbiano la delega di andare agli incontri e che però devono riferire al cda e non hanno la possibilità di prendere decisioni autonome, poi magari facciamo qualche progetto di formazione insieme, che tanto gli abbiamo già fatti e non mi sembra che i risultati poi siamo stati questa gran cosa, no?, quindi vabbè, riproviamoci e vediamo, però niente di più, niente ipotesi su una futura organizzazione, nè andare a definire un organigramma, che poi secondo me almeno la metà del cda deve essere nostro e ci deve essere data la garanzia, magari scritta, che il nuovo soggetto andrà a cambiare nome, perchè almeno questo mi deve essere garantito, perchè sennò allora vuol dire che ho ragione io, che è tutta una cosa falsa, perchè loro sono un po’ falsi, ti ricordi quella volta dell’appalto, che hanno fatto il gioco ‘io non lo sapevo’, ‘io neanche’ e ce l’han messa nel culo, ti ricordi? quindi non venirmi a parlare di fiducia di mettersi in gioco di sperimentare di intraprendere progetti insieme, non mi incanti, che poi, boh, ma mi sa che vi siete bevuti il cervello, e te prima di tutti gli altri, chissà magari cosa vi hanno detto, non credo che vi abbiamo promesso più soldi, seeee…, quelli li tengono per loro, no magari vi hanno fatto credere che dopo si faranno dei progetti, che potrete fare come vi pare, che tanto dopo non ci sono più io, ma ci pensi?, non lo so, non lo so cosa pensi, ho capito che hai deciso di fare questa cosa e la fai.

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